All’esito dell’incisiva opera di depenalizzazione intrapresa con la legge delega 67/14 e successivamente attuata mediante i decreti legislativi 7 ed 8 del 15.01.16, la fattispecie di cui all’art 726 cp assume oggi i contorni di semplice illecito amministrativo.
“Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 10.000 Euro.”
Questo il testo della norma che, sin dal giorno successivo alla novella del 2016, ha prestato il fianco a critiche sotto il profilo della proporzionalità ed adeguatezza della sanzione pecuniaria rispetto alla concreta gravità dell’illecito. Solo recentemente la Consulta con la sentenza n. 95/22 del 14.04.22, ha infine dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa pecuniaria «da euro 5.000 a euro 10.000» anziché «da euro 51 a euro 309».
Tale pronuncia prende le mosse da un banale fatto di cronaca: un uomo veniva sorpreso ad urinare in un parcheggio pubblico e per tale ragione sanzionato dalla Prefettura per un importo minimo – come da disposto normativo – di Euro 5.000,00.
Avverso l’ordinanza ingiunzione veniva proposto ricorso al Giudice di Pace di Sondrio il quale sollevava questione di legittimità costituzionale; in particolare veniva posta all’attenzione della Consulta la differenza di trattamento sanzionatorio rispetto alla fattispecie di cui all’art 527 cp. (atti osceni colposi che prevedono – all’esito della depenalizzazione della fattispecie – la sanzione da 51 a 309 Euro).
La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione in ragione del fatto che altra norma depenalizzata dalla medesima novella (ovvero gli atti osceni colposi di cui al primo comma dell’art 527 codice penale) preveda oggi una sanzione amministrativa che ammonta ad una cifra ben inferiore e compresa tra 51 e 309 Euro.
Osserva la Corte che in entrambe le fattispecie depenalizzate la condotta può sostanziarsi nell’esibizione di parti intime, ma se la nudità è esibita per convogliare un messaggio di natura sessuale si ricade nella fattispecie 527 cp e verrà offeso il pudore sessuale, diversamente si genererà solo fastidio e riprovazione violando il comune senso di costumatezza.
Attesa la sostanziale equiparazione tra le due condotte ed anzi il minor disvalore sociale (perché non connotato da messaggi di natura sessuale) della fattispecie di cui all’art 726 cp la Consulta perviene appunto ad un giudizio di illegittimità del trattamento sanzionatorio attesa la palese volizione del principio di proporzionalità della sanzione e di conseguenza di uguaglianza del trattamento sanzionatorio (ex art 3 Cost.) tra le due fattispecie.